Resoconto del sesto seminario scientifico
Roma, École Française de Rome, 7 giugno 2018
Giovedì 7 giugno 2018 si è svolto presso l’École française de Rome il 6° seminario PerformArt, dedicato al tema Espressioni del pubblico e privato nelle arti performative della Roma barocca, organizzato da Aldo Roma.
Ai saluti di Fabrice Jesné e Anne-Madeleine Goulet, è seguita una introduzione di Aldo Roma che ha illustrato gli obiettivi del seminario, ossia sviscerare il significato dei termini pubblicoe privatonell’ambito degli spettacoli della Roma del Sei-Settecento a Roma, comprenderne meglio la natura, le caratteristiche e anche le contraddizioni, riflettere sulle percezioni delle due categorie da parte delle donne e degli uomini del tempo e analizzare le varie forme di pubblicizzazione del privato.
Essendo espressioni culturali manifeste, le arti performative coinvolgono il più delle volte una dimensione pubblica. Persino le accademie, le commedie dei teatri di palazzo o quelle «secretissime» hanno un aspetto pubblico, pur essendo definiti “eventi privati”. Similmente i teatri di corte e i teatri impresariali, da questo punto di vista, non sono da considerarsi antitetici. I concetti di “pubblico” e “privato” rientrano anche in un contesto legato alla sfera della rappresentazione e dell’auto-rappresentazione dell’individuo nella società dell’epoca. Come spiega Guy Spielmann nel suo Le mariage sous l’Ancien Régime entre fiction dramatique et réalité, la nobiltà del tempo viveva in una costante necessità di “pubblicizzazione del privato”. Ai due termini si aggiunge anche quello di “semipubblico”, di cui Aldo Roma ha potato diversi esempi relativi ad accademie e conclusioni semipubblichedel Collegio Nazareno, ossia dispute accademiche di studenti alla presenza di docenti interni all’istituto e commissari esterni, la cui presenza rendeva l’evento appunto “semipubblico”.
All’introduzione di Aldo Roma sono seguiti gli interventi di quattro studiosi dell’equipe di PerformArt.
Il primo di Marco Cavietti, dal titolo Documenti di famiglia e ritratto pubblico: la formazione dell’archivio come processo identitario, si è soffermato sullapercezione di “pubblico” e “privato” attraverso lefonti archivistiche prodotte e conservate dalle nobili famiglie a Roma tra Seicento e Settecento, nonché sull’idea di archivio, risultato delle attività della famiglia, ma soprattutto mezzo per veicolare la propria memoria. Ha illustrato la differenza tra documento pubblico, ossia quello emanato da un’istituzione pubblica e avente un carattere di solennità, documento privato, testimonianza dell’attività di una persona, un gruppo o un’istituzione privata senza forma solenne, e documenti semipubblici, emanati da autorità minori con una certa, se pur ridotta, solennità (cfr. Pratesi, Genesi e forme del documento medievale); quindi, la differenza tra archivi nobiliari privati (ancora in possesso delle famiglie, come l’Archivio Aldobrandini) e pubblici (gli archivi giunti ad istituzioni pubbliche in seguito a donazione o acquisto, come i fondi dell’Archivio Segreto Vaticano o della Biblioteca Vaticana). Negli ultimi anni, gli studi archivistici si stanno concentrando sui sistemi di gestione e organizzazione degli archivi in quanto meccanismi di controllo del potere e della memoria. Dopo considerazioni sul concetto di “archivio di famiglia”, contenente la documentazione prodotta da una schiera di ufficiali e persone legate alla famiglia per la gestione economica e immobiliare della famiglia, e allo stesso tempo mezzo di tutela della proprietà della famiglia e bene da trasmettere agli eredi, Marco Cavietti ha descritto la consistenza degli archivi (che conservano le prove dei possessi dei beni – eredità, alberi genealogici, contratti, privilegi etc. –, vicende di famiglia – corrispondenze, diari, memorie – e soprattutto documenti contabili – giustificazioni, libri mastri, ruoli etc.) e gli spazi materiali degli archivi nei palazzi (dove i documenti venivano stesi, rilegati e conservati, preferibilmente al piano terra, dove giungevano le merci e gli artigiani con i loro conti). Oltre a garantire una difesa del patrimonio, gli archivi di famiglia risultavano fondamentali per definire l’appartenenza della famiglia a un ceto sociale. Marco Cavietti ha concluso l’intervento con le eloquenti parole di Eugenio Casanova, Archivistica: «non ha, pur troppo, archivio il nullatenente, che non conta nella società per la sua sola persona; come non ebbe, né avrà mai chi deve o vuole vivere alla giornata. Ma colui, che, per virtù propria, s’innalzi nella scala sociale e dia origine a una famiglia nel vero senso della parola, colui che diventi qualche cosa ed imprima una certa orma in qualsiasi ramo dell’attività della società e del mondo in mezzo […]».
L’intervento di Valeria De Lucca dal titolo Mecenatismo e performance come affermazioni di identità tra pubblico e privato negli anni romani di Maria Mancini Colonna (1661-1672)ha portato una panoramica sulla sfera privata e pubblica di Maria Mancini, su cui erano puntati i riflettori dell’epoca, in cerca di notizie che spaziassero da elementi morbosi come la sua vita sessuale con Lorenzo Onofrio Colonna e il suo comportamento considerato libertino, al suo mecenatismo musicale e teatrale, fino alle celebrazioni pubbliche del carnevale. Molti degli Avvisi, memorie dell’epoca e l’autobiografia spuria del 1676, cercano di manipolare la sua immagine privata e di dipingere una figura negativa. Bersaglio delle critiche erano soprattutto il suo mecenatismo e il desiderio di esprimere la sua creatività. A queste critiche, Maria Mancini, di cui non si sapeva neanche «se ella fosse italiana o francese», risponde con la sua autobiografia del 1677, in cui condanna quelli che si sono presi la libertà di calunniarla. Si tratta di una vicenda importante nella letteratura femminile di impegno contro le critiche ricevute. Maria Mancini rappresenta un caso complesso di donna che vuole proteggere il diritto di entrare nel pubblico. Valeria De Lucca ha infine illustrato diverse mascherate e parate carnevalesche da lei organizzate (1665-68), che fanno riflettere molto sulla sua figura. Tra queste il Carro dei Pianeti del 1668 che causò scalpore, «gran ciarle», con donne a bordo (le donne non sfilavano mai in maschera), in abiti sottilissimi. Nel 1669 ci fu il carro con la Mascherata di Clorinda, che vide la partecipazione attiva di Maria Mancini come Clorinda. Nel Carro di Ulisse si vestì da Circe, la seduttrice e ammaliatrice maga, caratteristiche che anche a lei attribuivano. Maria Mancini trovò nel mecenatismo un modo per far riflettere sul ruolo delle donne nella società e sulla loro funzione tra pubblico e privato.
L’intervento di Cristina Fernandes sulle Espressioni del pubblico e del privato nel mecenatismo musicale degli ambasciatori portoghesi a Roma nel primo Settecentosi sofferma sulla favola per musica La virtù negl’amori di Alessandro Scarlatti, commissionata dall’ambasciatore portoghese alla Santa Sede, André de Melo e Castro, per celebrare il solenne possessodi papa Innocenzo XIII (1721), concepita inizialmente per una dimensione più intima (la camera dell’ambasciatore) e da eseguirsi successivamente in un «luogo più vasto», cioè il Teatro Capranica, portandola a conoscenza di un pubblico più ampio. Da privata la composizione diventa pubblica, permettendo maggiore visibilità alla corona portoghese a Roma. Il cambio del luogo fisico determinò anche una diversa interazione tra esecutori e pubblico. I documenti inediti, cui fa riferimento Cristina Fernandes per questo spettacolo e altri eventi, sono conservati nella Biblioteca Ajuda di Lisbona. Cristina Fernandes sfrutta le considerazioni su questo componimento per mettere in evidenza l’ambivalenza e la fluidità tra la sfera privata e quella pubblica dell’epoca. Lo paragona inoltre ad altri eventi promossi dagli ambasciatori portoghesi in luoghi diversi come i palazzi, la chiesa nazionale e gli spazi urbani pubblici. L’immagine di sé che vuole dare la corona portoghese gioca un ruolo di primaria importanza, basti pensare alle solenni entrate a Roma e le cavalcate degli ambasciatori portoghesi, che ebbero grande risonanza nelle cronache del tempo. Un differente modello e luogo di esecuzione musicale è quello per La Tigrena(1724) di Francesco Gasparini, favola pastorale commissionata sempre da André de Melo e Castro in occasione della nascita di Alessandro, figlio di Giovanni V del Portogallo.La Tigrenafu eseguita in un «teatro mobile», costruito per l’occasione nel palazzo dell’ambasciata, ossia palazzo Sforza Cesarini. Benché si trattasse di un evento “privato”, l’intenzione era quella di celebrare il regno del Portogallo, assumendo dunque tutte le caratteristiche di un evento pubblico. Pratiche più prettamente private trovano traccia invece in un conto di copia del 1724 per canzoni, come quella de «la chitarra scordata», danze, controdanze e minuetti di uso informale.
L’ultimo intervento di José Maria Domínguez sulla Pubblicità della musica e segreti “in piazza” a Roma tra Sei e Settecentofocalizza l’attenzione sui significati di “pubblico”, “privato” e “segreto” attraverso i documenti di interesse musicale. I primi due termini spesso non hanno un confine netto e l’ultimo non necessariamente indica “nascosto”. A spiegazione di ciò José Maria Domínguez ha portato diverse testimonianze documentarie a proposito delle strategie di pubblicità, tra cui il Diario Bolognetti (1693) dell’Archivio Segreto Vaticano, che riferisce in data 7 gennaio 1695: «Il medesimo giorno si viddero affisse stampate per le cantonate più pubbliche di Roma due notificationi», una riguardante un teatro di burattini, l’altra l’opera il Giustino. Se la notizia dell’annuncio compare anche in altre annate, l’uso del termine pubblico compare solo in questo caso. Un esempio di labilità tra “pubblico” e “privato” viene desunto da un altro documento relativo allo Xersedi Stampiglia-Bononcini. Sempre il diario Bolognetti narra che l’ambasciatrice voleva assistere con le sue dame alla prova. L’impresario del Teatro Tordinona, Marcello De Rosis, rispose che sarebbe stata benvenuta nel teatro. Ma l’ambasciatore, piccato, fece chiamare al palazzo tutti i musicisti proibendo a De Rosis di entrare: «fu provata l’opera alla meglio che si poté, mancando un sol musico, e Marcello non entrò». Infine, un ultimo esempio di strategie delle pubblicità deriva da una lettera di Ottoboni al suo agente a Napoli del 15 aprile 1702 in cui egli dichiara che avrebbe mandato contro la propria volontà Corelli al viceré Coccogliudo, che voleva «fosse nota a tutta l’Italia la sua splendidezza». Nella seconda parte dell’intervento José Maria Domínguez si è soffermato sui significati di “privato” e “segreto”. La parola «secreto», che si trova ben 15 volte nel Diario Bolognetti («secretamente», «con secreto concertato»), ha poco a che vedere con cose non pubbliche, «che non s’hanno da dire», nascoste, visto che è legata a eventi che vengono commentati.
Agli interventi hanno fatto seguito i commenti dei due discussant Mette Birkendal Bruun dell’Università di Copenhagen e Guy Spielmann della Università Georgetown di Washington, DC.
Mette Birkendal Bruun ha analizzato i quattro interventi a volo di uccello, individuando per ciascuno degli studiosi delle domande che potessero dare una comprensione più generale del fenomeno analizzato. Guy Spielmann ha identificato, con una struttura a cipolla,diversi livelli per spiegare il “privato” e il “pubblico”, suggerendo di superare questa dicotomia e di sostituire il termine “privato” con qualcos’altro: l’“universale” (intera umanità, senza comunicazione); la sfera della comunicazione, divisa in: “pubblica” (un intero corpo sociale), “sociale” (gruppi sociali con affinità d’interessi), “particolare” (relazioni familiari), “intima” (dominio individuale), “individuale”.A queste considerazioni generali hanno fatto seguito le domande del pubblico e le risposte degli studiosi intervenuti.
Alexandra Nigito
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Resoconto della visita al Collegio Nazareno
La giornata si è conclusa con una visita alla sede storica del Collegio Nazareno, nel cuore di Roma, tra piazza di Spagna e Fontana di Trevi, dove tutt’ora è custodito l’archivio del collegio. La peculiarità di questa visita guidata, rispetto alle precedenti, è stata la possibilità di conoscere non solo il luogo dove all’epoca si svolsero eventi di teatro e spettacolo, ma di poter visitare anche l’archivio dove Aldo Roma e Marco Cavietti stanno attualmente svolgendo la loro ricerca nell’ambito del progetto PerformArt. Il percorso di visita è stato accompagnato dalle spiegazioni di Aldo e Marco, che attraverso riproduzioni di documenti significativi dell’archivio e di foto d’epoca hanno ricostruito le vicende dell’istituzione.
Dopo il benvenuto di frate Gerardo Vicente Leyva Bohórquez dell’ordine dei padri scolopi, responsabile dell’archivio, Aldo ha ricordato le circostanze legate alla fondazione del Nazareno, con particolare attenzione alle diverse sedi che il collegio ebbe prima di quella attuale. Il collegio fu fondato grazie al lascito testamentario del cardinale Michelangelo Tonti, che morì nel 1622. Dopo vari spostamenti, nel 1689 il collegio trovò la sua sede definitiva nel palazzo Tonti alla Chivica del Bufalo. Il cortile del palazzo, che ospita ancora alcune delle statue antiche che appartenevano al collegio, nel Novecento fu adibito a palestra per i ragazzi che frequentavano la scuola, come mostrano alcune foto d’epoca, mentre l’attiguo giardino sul finire dell’Ottocento fu demolito per ampliare l’edificio. Il corpo di fabbrica verso la chiesa di Sant’Andrea delle Fratte accoglieva il Museo mineralogico (oggi donato alla Sapienza Università di Roma) e la biblioteca del collegio.
La visita è proseguita nella parte più antica del palazzo, nelle stanze al pianoterra – l’allora galleria del pianterreno – che conservano ancora gli splendidi soffitti decorati a grottesche del Cinquecento, e la scultura di Cesare donata dal cardinale Albani (1692-1779) al collegio e precedentemente posta al centro del cortile dove dagli anni ’60 è collocata quella di San Giuseppe Calasanzio). È stato poi visitato il primo piano, dove si trova la galleria che conduce al grande salone, che ancora mostra in gran parte il suo aspetto Settecentesco. Si è passati quindi all’ala del palazzo attualmente in uso dalla comunità di padri scolopi, dove sono stati collocati recentemente i quadri una volta esposti nella galleria e nel salone. Tra questi, sono risultati particolarmente interessanti per i nostri studi quelli legati all’Accademia degli Incolti, tra cui quello con le armi dell’accademia e quello con l’impresa del poeta e librettista accademico Silvio Stampiglia (1664-1725). Altrettanto significativo il piccolo putto dipinto da Giovan Battista Gaulli detto il Baciccia, allievo del collegio, e la tavola della Madonna di Loreto, effige dell’Accademia Lauretana, le cui adunanze si svolgevano al Nazareno. Questa parte della visita si è conclusa nell’attuale cappella del palazzo, ultimata a fine Ottocento, dove il provinciale degli scolopi, padre Ugo Barani, si è unito al gruppo e si è soffermato a descrivere il ciclo pittorico con le storie della vita di San Giuseppe Calasanzio e dell’edificazione della cappella voluta da papa Pio IX, anch’egli allievo del Nazareno.
Nell’ultima parte della visita Aldo e Marco hanno mostrato alcuni significativi documenti d’archivio, tra cui il libro mastro degli anni 1719-1796 da cui si evince un cambiamento – dalla Sacra Rota al cardinale vicario – nella supervisione sull’istituzione e relativo alla gestione documentale, un manifesto a stampa per una disputa filosofica del 1787, e alcuni inviti manoscritti con le iniziali del collegio «C N», risalenti al Settecento e che erano distribuiti in occasione delle rappresentazioni teatrali. Dopo aver visto e toccato con mano questi documenti il gruppo ha visitato gli spazi dove sono custoditi la biblioteca, con il suo considerevole patrimonio soprattutto sei e settecentesco, e l’archivio del collegio, in fase di riordino e inventariazione da parte di Marco e Aldo.
Dopo aver ringraziato frate Gerardo per l’accoglienza, il gruppo esce dal palazzo, il grande portone d’ingresso si chiude, e dopo questo tuffo nella storia ci si ritrova, arricchiti di nuove conoscenze, di nuovo nella Roma di tutti giorni.
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Resoconto del workshop database
Roma, École Française de Rome, 8 giugno 2018
Mattina
Michela Berti presenta la scelta di creare un thesaurus per PerformArt utilizzando come base il Nuovo Soggettario. L’interazione sarà possibile grazie anche alla presenza di Manuela Grillo (coautrice del Nuovo Soggettario), che ha integrato l’équipe PerformArt nel corso del secondo trimestre 2018.
Manuela Grillo, specialista nell’indicizzazione di documenti antichi, presenta in seguito una comunicazione dal titolo Vantaggi di un thesaurus per PerformArt, in cui spiega l’utilizzo degli standard ISO nella costruzione dei thesauri, le relazioni gerarchiche (BT, NT, RT), le etichette di nodo e la loro utilità. Viene sottolineata l’importanza di riferirsi ai sistemi d’indicizzazione già esistenti (come il Nuovo Soggettario) piuttosto che inventare maniere inedite e quindi probabilmente incompatibili con gli standard in uso. Specifica inoltre che in ambito bibliografico in Italia l’indicizzazione del materiale antico non è molto diffusa. Si insiste sui vantaggi del thesaurus come mezzo per aumentare la precisione nelle ricerche e per ampliare gli orizzonti della ricerca.
Michela Berti e Marco Cavietti presentano una comunicazione intitolata Thesaurus PerformArt: stato dei lavori ed esempi di ricerca, in cui mostrano lo stato attuale della costruzione del thesaurus per il database. I ricercatori sono invitati a consultarlo e a mettersi in contatto con i responsabili per proporre l’inserimento di termini non presenti, se indispensabili all’indicizzazione. Al termine della presentazione, l’équipe è invitata ad un’esercitazione pratica di indicizzazione dei documenti del database.
Michela Berti presenta le novità della tavola evento, che contiene ormai 3 descrittori che si riferiscono a 3 tipi di evento:
– Storia generale
– Storia delle famiglie a Roma
– Vita culturale
Pomeriggio
Michela Berti presenta le novità del database:
– Aggiunta del campo URL nella scheda documento: possibilità di inserire link a siti esterni per rinviare ad altri documenti (come partiture e/o libretti digitalizzati)
– Ricerca semplice: funziona anche se si inserisce una sola parola, indipendentemente dalla sua posizione nel titolo
Huub Van Der Linden presenta le novità della scheda persona:
– Aggiunta di un campo per l’inserimento dell’ID VIAF (un numero di 8 cifre). Il VIAF collega i vari identificanti noti (per esempio in lingue straniere) della stessa persona.
– Titoli nobiliari: è presente adesso un link. L’indicazione del titolo fa apparire il nome del “sotto-tipo” del titolo. Ex: titolo “principe”, sotto-tipo sarà “principato”
– Possibilità di effettuare aggiunte e correzioni direttamente nei link
Barbara Nestola presenta le novità della scheda libretto:
– Soppressione di due campi: “breve descrizione della fonte” e “descrizione dei balli”.
– Ridefiniti i titoli di due campi: “descrizione fisica della fonte” diventa “descrizione della fonte” (e includerà sia le caratteristiche fisiche che la nota di contenuto); “titoli dei balli e delle forme musicali” diventa “titoli e descrizioni dei balli” e contiene sia i titoli dei balli che, laddove presente, la descrizione dello svolgimento dei suddetti.
Barbara Nestola