05 / 122016

Resoconto del primo incontro in presenza del Comitato scientifico e dei rappresentati degli Archivi
École française de Rome – Piazza Navona, 62 – 5 dicembre 2016

Lunedì 5 dicembre 2016 nell’École française de Rome (piazza Navona 62) ha avuto luogo il primo incontro PerformArt (Incontro in presenza del Comitato scientifico e dei rappresentati degli Archivi), organizzato da Anne-Madeleine Goulet (Principal Investigator), Michela Berti (Coordinatrice delle attività scientifiche) e Francine Gewiss (Project Manager, EfR).

In apertura della giornata i saluti della Direttrice dell’École française de Rome, Catherine Virlouvet, seguiti da quelli del Sovrintendente ai Beni archivistici e Bibliografici del Lazio, Mauro Tosti Croce, di Benoist Pierre – Direttore del Centre d’études supérieures de la Renaissance (Tours) – e di Mathieu da Vinha, Direttore scientifico del Centre de recherche du château de Versailles.

Successivamente ha preso la parola Anne-Madeleine Goulet fornendo un’introsua realizzazione finoduzione vòlta a illustrare la nascita del progetto, le tappe percorse per il suo avvio e la sua realizzazione fino all’oggi.

Dalla conferenza inaugurale di Jean Boutier (EHESS), Arti performative e cultura a ristocratica nell’Europa del xvii e xviii secolo, sono emersi concetti fondanti, in primo luogo la rivoluzione sul piano pedagogico che caratterizza i primi secoli dell’età moderna secondo una nuova idea di “formazione” ed “educazione” del nobiluomo, in riferimento al proprio mondo di relazioni e al ruolo centrale che egli riveste nella promozione della cultura: le arti performative costituiscono un imprescindibile agente formativo, e si definisce un concetto di “mecenatismo nobiliare” sempre più raffinato e complesso.

A seguire è stata una serie di otto relazioni affiate a studiosi collaboratori già forti di esperienza di ricerca nei fondi famigliari, contributi vòlti a fare emergere particolari aspetti e problematiche, uno sguardo gettato da molteplici prospettive che ha riconfermato l’ampiezza dell’àmbito di ricerca.

Ogni coppia di relatori è stata invitata ad esaminare un particolare “asse” o tema concernente le undici famiglie romane considerate nel progetto: Aldobrandini, Borghese, Caetani, Chigi, Colonna, Lante Della Rovere, Orsini, Ottoboni, Pamphilj, Ruspoli e Sacchetti.

Il primo asse, “Mecenati e artisti”, è stato discusso da Huub van der Linden ed Élodie Oriol, il primo impegnato in uno studio che documenta gli scambi tra Roma e Bologna, seconda città dello Stato Pontificio, la seconda interessata al ruolo del mecenatismo e della pratica della committenza sia nella sfera privata sia in quella pubblica.

Émilie Corswarem e Christine Jeanneret hanno argomentato intorno all’asse secondo, “Arti performative e costruzione identitaria”. Corswarem studia la pluralità di scambi tra personalità gravitanti intorno alle Chiese nazionali di Roma, in particolare l’attività esercitata dai membri delle famiglie artistocratiche romane in relazione a una determinata nazione; Jeanneret riferisce in particolare agli archivi famigliari Chigi, alla collezione Chigi, preziosa per la conservazione di musica manoscritta, ed evidenzia le relazioni con altre famiglie romane anche in riferimento a forme di mecenatismo collettivo.

I papers di Chiara Pelliccia e Valeria de Lucca, incentrati in particolare sul patronage dei principi Colonna, hanno illustrato l’asse terzo: “Modello romano, transfer e diffusione”; il primo in relazione ai cardinali Girolamo I (1604-1666) e Carlo II (1663-1739) Colonna, nell’ottica di una ricostruzione di un possibile ‘modello romano’ nel mecenatismo teatrale e musicale, il secondo interessato alla circolazione di cantanti, partiture e libretti d’opera tra la metà del Seicento e il primo Settecento.

Attraverso i rispettivi oggetti di ricerca Teresa Chirico e José María Domínguez hanno chiuso la presentazione di questa teoria di prospettive e problemi con due interventi associati ai concetti di “Sociabilità e reti”, asse quarto e ultimo; Chirico tratta della figura del cardinale Pietro Ottoboni (1667-1740), dei suoi rapporti con le Nazioni estere e in particolare della funzione ‘politica’ esercitata dalla musica, del ruolo svolto dalla diplomazia nella circolazione del repertorio, e del ruolo che la musica riveste nell’àmbito degli stessi rapporti diplomatici. Domínguez si concentra sui rapporti tra Italia e Spagna, in particolare su documenti in lingua italiana conservati in Spagna e sul ruolo giocato dagli “intermediari” (degli ambasciatori e dei viceré).

Gli interventi hanno complessivamente offerto un ampio panorama sul valore delle arti performative nelle relazioni sociali, politiche ed economiche delle famiglie aristocratiche romane nei secc. xvii-xviii, facendo focus sui meccanismi sottesi al contesto generativo dell’attività artistica a Roma e alla sua diffusione, fondamentale per il progressivo definirsi di quella concezione identitaria che sta alla base della nostra eredità culturale.

Sara Elisa Stangalino